Una finestra sul mondo: “La guerra che non si può vincere. Alcuni spunti per capire il conflitto israelo-palestinese”

― 18 Ottobre 2023

«Come orizzonte il mondo»: non è un semplice slogan, ma una preoccupazione ed uno sguardo reale, concreto, che da ogni aula del nostro piccolo liceo vuole spalancare le menti e i cuori dei nostri studenti, per abbracciare la totalità della realtà. Una realtà che è fatta per suscitare lo stupore e il piacere della conoscenza, ma che spesso ci sollecita e ci richiama con grida di dolore, con lo stridore di una sofferenza che sempre suona incomprensibile e paradossale, di fronte all’umanissimo desiderio di vero e di bene.

Perciò, come nel marzo 2022 di fronte al nascente e ancora purtroppo dolorosamente attuale conflitto in Ucraina, abbiamo chiesto un aiuto autorevole, per poter star di fronte agli eventi con gli strumenti necessari per tentare un giudizio, così oggi abbiamo domandato al giornalista di Pro Terra Sancta, Andrea Avveduto, di introdurci nella complessità delle ragioni del conflitto Israelo-Palestinese.

In un incontro densissimo, eppure “scorrevolissimo” – come l’ha definito uno studente – siamo stati guidati con estrema chiarezza e professionalità tra le spire di una storia drammatica che prende avvio più di un secolo fa, in una delle zone più complesse del mondo. A partire dalle parole dello scrittore israeliano, David Grossman, il racconto di una «guerra che non si può vincere» incontra l’esigenza tutta umana di una pace apparentemente impossibile, ma che, nelle parole di Andrea Avveduto, affonda le sue radici nella parola fiducia – da cui sola può discendere la sicurezza – una fiducia che si costruisce sempre a partire da un incontro.

Quale speranza? Anche qui, proprio come ci era stato suggerito di fronte al conflitto in Ucraina, l’unica possibilità di bene pare passare attraverso quel che Avveduto ha definito un “perdono in senso laico”, cioè la disponibilità a “perdere qualcosa di sé, per incontrare l’altro”. Una possibilità testimoniata dall’esperienza del viceparroco di Gaza, che costruendo quotidianamente rapporti di fiducia con tutti gli attori in gioco, ha aperto le sue porte a tutti i rifugiati bisognosi, e riuscendo a dialogare con ciascuno.

Solo questa disponibilità del cuore, prima di ogni politica e strategia finora dimostratasi fallimentare, può aprire la possibilità a costruire, guardare, conoscere e immedesimarsi nell’altro, unico modo per non cadere nella logica delle parti, e contribuire al bene comune, che non può mai essere in contrasto col bene individuale.

Immediato il contraccolpo sugli studenti, che hanno potuto porre le loro domande, condividendo inquietudini e giudizi: «Si può parlare di un terzo conflitto mondiale? Quali affinità con il conflitto in Ucraina? Come è possibile costruire la pace?». Tra tutte, una affermazione rimane, come scolpita nel cuore di ognuno: «Le ferite che ci lascia la storia, se non vengono sanate, tornano a galla». Si parla delle grandi ferite, sanguinanti da secoli, ma il pensiero si rivolge anche a quelle piccole ferite quotidiane che ci troviamo addosso, o che, non sempre inconsapevolmente, siamo noi ad infliggere.

Una finestra aperta sul mondo che spalanca una finestra sul cuore di ognuno: così educhiamo e ci facciamo educare dalla realtà, perché anche di fronte alle peggiori esperienze della storia non si spenga mai quell’esigenza di significato costitutiva del cuore dell’uomo.

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