Che entusiasmo la novità del ritrovarsi: normalmente accade a settembre, dopo la lunga pausa estiva, ma allo Shakespeare può accadere anche a marzo, quando uno studente – questa volta è toccato al nostro Francesco – ritorna dopo due (lunghissimi) mesi trascorsi all’estero, frequentando il Colegio Internacional J.H. Newman a Madrid. Quando li riaccogliamo, proprio come accade coi figli, i nostri ragazzi ci sembrano sempre più alti, più grandi, più maturi.
Probabilmente è una percezione che accompagna anche loro, nel ripercorrere i “vecchi” corridoi portando la novità delle esperienze fatte, della consapevolezza conquistata, che inevitabilmente hanno modificato anche lo sguardo e le attese. Abbiamo domandato direttamente al protagonista di condividere, a caldo, le prime impressioni:
Cosa porti a casa, Francesco, dopo questa esperienza?
Sicuramente la prima cosa che mi viene in mente è l’integrazione così facile con la famiglia che mi ha ospitato: una famiglia molto numerosa, che si è ulteriormente “allargata” facendomi spazio, coinvolgendomi, nonostante i già numerosissimi impegni dei molti membri. Mi sono sentito davvero accolto.
A scuola come è andata?
Nonostante il sistema formalmente più individualistico, ho trovato a scuola lo stesso ambiente, disponibile e accogliente di cui ho fatto esperienza in famiglia. L’apertura all’altro, al “nuovo” – come me – è stata immediata e naturale.
Con la lingua spagnola, come te la sei cavata? Finora dallo Shakespeare son partiti studenti almeno del quart’anno, tu frequentando il quadriennale invece hai alle spalle meno di tre anni di liceo…
Partendo dal presupposto che l’ho studiato bene, che avevo avuto già la possibilità di allenarlo nello scambio estivo e parlando quotidianamente con i ragazzi spagnoli e con Virginia (perché in Spagna il nostro Francesco ha lasciato anche un pezzo di cuore… n.d.r.), non ho avuto nessun problema con lo spagnolo. Nella famiglia e nella scuola mancavano magari quei pochi termini tecnici, ma nessun problema. Devo dire che però la scioltezza e il vocabolario sono nettamente migliorati.
Qual è stato il guadagno più grande?
Sicuramente penso al congedo: il saluto che c’è stato, così diverso da quello sperimentato a novembre, quando sono rientrato dopo una permanenza di pochi giorni. Questa volta è stato meno sentimentale, più maturo: certo della consapevolezza che il bene vissuto insieme non è terminato. “La cosa va avanti”, se così si può dire.
Proprio la forma del saluto mi ha mostrato come tutto quello che facciamo, ogni esperienza, resta presente nella conquista di una crescita raggiunta: non si tratta di un concetto da apprendere, ma di un aiuto a vedere tutte le cose. A partire dallo sguardo su di me: sono tornato più consapevole delle mie capacità, di quel che posso fare, ma anche dei passi che ancora mi aspettano.
Una novità che ci coinvolge tutti, in una ripresa che non è tornare a “come era prima”, ma che offre a tutti la possibilità di una scoperta mai scontata.
Fino alla prossima partenza, e al prossimo ritorno.



