Finalmente ci incontriamo, finalmente faccia a faccia, nei locali rinnovati della scuola, curati nel dettaglio, perché la bellezza ci aiuta e ci educa. Finalmente abbiamo l’occasione di raccontarci e di ascoltarci, tra genitori. Perché la sfida educativa è un cammino che si può intraprendere solo insieme.
Mamma Maddalena ci racconta delle sfide dell’accoglienza dei ragazzi spagnoli del liceo Newman con cui la nostra scuola continua l’ormai pluriennale collaborazione. Nella sua ampia esperienza, sia durante l’anno scolastico che nei mesi estivi, ha esplorato tutta la bellezza ed anche la fatica di aprire le porte di casa, e la propria disponibilità. Tra il desiderio di “fare scambio” in modo definitivo tra i propri figli e gli ospiti iberici, la disponibilità a mettersi in gioco per apire all’altro, e il lavoro costante per far “tornare tutto”, la scoperta è quella di una amicizia che quando inizia, è per sempre.
Papà Paolo, poi, genitore di “attualmente” cinque figli naturali – più quelli ospitati in affido in ormai vent’anni di accoglienza – ha raccontato dell’esperienza di essere padre: lo sguardo ai figli, ciascuno per quello che è, l’attesa del tempo per la loro maturazione e decisione, finché diventano uno spettacolo ai nostri occhi. Scommettere su di loro, guardandoli con stima, lungo una strada percorsa fianco a fianco, sostenendoci reciprocamente, educandoli a vivere la realtà, proprio perché educati noi per primi, fino ad arrivare a “vedere le stelle”.
È proprio una sfida, commenta la preside, anche di fronte a figli che magari non hanno problematiche nello studio, ma che comunque ad un certo punto vanno per il mondo: noi sicuramente lavoriamo per spalancarli alla realtà. È una sfida perché il loro “prendere il largo” interroga anzitutto noi su quello che vogliamo, su chi siamo: si educa nella misura in cui si è educati.

Siamo sostenuti, in questo cammino, dentro un’amicizia, come quella con don Marco, attualmente cappellano dell’ospedale di Cremona, in passato insegnante di religione presso il nostro liceo, da sempre caro amico e guida per molti di noi. Impossibile sintetizzare il suo intervento, un invito a riflettere sulla nostra responsabilità di educare i nostri figli all’esperienza, come suggerisce la nostra frase di inizio anno. Siamo chiamati a favorire la consapevolezza che la vita ha un significato, e un senso: altrimenti già a quindici anni si inizia a sperimentare la noia. Ci è chiesta la capacità di amare, abbracciare la vita che ci è data, amare la realtà che abbiamo di fronte, adesso. Perché la realtà è positiva, anche quando non ci piace, e fare esperienza non significa scegliere quello che preferiamo, ma comprendere, dentro la realtà, quello che ci è dato.
Ci dicevamo “andrà tutto bene”: i cartelli si sono sbiaditi, e forse non è andato “tutto bene”. Eppure, potrebbe anche non andare bene – ne facciamo spesso esperienza – eppure questo non significa che la realtà sia tutta sbagliata. La speranza, infatti, non è ottimismo – come recita Vàclav Havel – la speranza non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo. La speranza è la certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato. Così è possibile anche sostenere la fatica, la nostra e quella dei nostri figli, accettando e abbracciando tutto quello che ci accade.
La domanda sul senso dell’esperienza esige una risposta, anzitutto da noi. È importante, in questo non essere soli: è in un rapporto la risposta al senso della vita.
E come amici, proprio perché abbiamo in comune la ricerca di un significato per noi, e per i nostri figli, abbiamo condiviso un momento conviviale, un ottimo aperitivo servito nei corridoi della nostra scuola, anch’essi rinnovati, dove ci siamo incontrati – molti per la prima volta – conosciuti, riconosciuti, e raccontati. Un primo passo, anche per noi, nella consapevolezza che la sfida educativa è un’esperienza che ci vede tutti protagonisti, insieme, sullo stesso cammino.