Incontrare un autore significa incontrare un uomo e, come spesso accade nella vita, certi incontri sono facilitati da un amico nei cui occhi e nel cui cuore brilla la scintilla della passione, passione per la vita e passione per quello che insegna. Lunedì 14 febbraio questo amico ha preso le fattezze della professoressa Enrica Alquati, insegnante storica di francese allo Shakespeare, che ci ha fatto il regalo di svelarci qualcosa di Charles Baudelaire, della sua umanità, della sua lotta senza fine tra bene e male, tra ideale e reale.
Ovviamente, quando si ha davanti un maestro, bisogna seguirlo anche per sentieri inesplorati e così la lezione si apre con le opere di Leonardo da Vinci: la Vergine delle rocce, l’Ultima cena e l’Annunciazione conservata agli Uffizi, in cui si vede una novità: lo sfondo dietro ai soggetti principali si apre all’oltre, mostra l’azzurro del cielo.
E Baudelaire? Anche lui ha davanti una barriera, ma ha una percezione, intuisce corrispondenze tra l’orizzonte (il visibile) e l’invisibile che dialoga col visibile. Per lui la poesia è proprio l’occasione per dare forma all’invisibile.
La professoressa Alquati inizia poi al leggere i suoi testi, ovviamente in francese anche se la platea conosce l’inglese, il tedesco e lo spagnolo, ma non si può saltare il suono delle parole che nessuna traduzione può rendere. Legge “Correspondances” e si sofferma su quegli “sguardi familiari” che osservano il poeta, una presenza amica che chiede solo di essere riconosciuta. E poi “Albatros”, la metafora del poeta che, “re dell’azzurro” (eccolo anche qui l’azzurro!) si dimentica della propria natura e indolente accetta la banalità del male degli uomini dell’equipaggio.
Infine l’ultima lirica de “Le fleur du mal” intitolata “Il viaggio”. Baudelaire invita la morte a versare il suo veleno, desideroso di tuffarsi nell’abisso, “Inferno o Cielo, cosa importa? Discendere l’ignoto nel trovarvi nel fondo, infine, il nuovo”. Ecco sorprendente l’ultima parola “nuovo”, una novità, qualcosa di inaspettato, qualcosa forse solo intuito ma mai considerato possibile che finalmente scacci la noia dal cuore.
L’incontro si chiude con un’ultima citazione, questa volta di Mallarmé, uno dei “poeti maledetti” che nella lirica “L’azur” dice: “l’azzurro trionferà”, sì l’azzurro di Leonardo, l’azzurro dell’albatro, quel mistero che Baudelaire e tutti noi cerchiamo nella finitezza delle nostre giornate. A volte intuito, a volte riconosciuto, a volte tradito, ma sempre lì in attesa di essere scorto.
Due ore di incontro, due ore che hanno reso più familiare Baudelaire agli studenti di quarta e quinta, due ore che ci hanno riempito di gratitudine per la disponibilità di un’amica ad aprirci gli occhi all’azzurro. Ovviamente da ripetere!!!