La mostra è nata dal contraccolpo di un alunno davanti all’incontro sull’Afghanistan che ha avuto come relatrice la giornalista Maria Acqua Simi. “Un incontro che mi ha risvegliato dal torpore in cui ero immerso” – racconta l’alunno – “è ciò che ha dato la svolta a un anno iniziato con fatica”.
“#stay human. Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”, questo è il titolo della mostra che ha accompagnato i visitatori all’open day dell’11 dicembre e che ha visto i ragazzi di classe seconda mettersi all’opera nelle settimane precedenti.
Sono partiti dalla situazione davvero drammatica dell’Afghanistan, ripercorrendo i fatti degli ultimi mesi e da quello che sta accadendo ai confini della Polonia con migliaia di persone che vorrebbero entrare in Europa e trovare pace ma che al momento sono bloccate e costrette a vivere in rifugi di fortuna in mezzo al gelo e alla mancanza di tutto. Questi sono solo due dei davvero tantissimi esempi che si potrebbero portare di un “albero che cade”, cioè di tanti fatti drammatici, di tante ingiustizie che stanno accadendo e di cui noi, fin troppo spesso abituati a preoccuparci solo dei nostri problemi, non sappiamo o non ci rendiamo conto. Eppure ci sono e quando, molte volte grazie a qualcun altro, ne veniamo a conoscenza, subito emerge potente un giudizio estremamente negativo, come se tutto il mondo fosse guardato a partire da quella lente: “ma come siamo ridotti… in questo mondo non c’è davvero più speranza…”. Passiamo troppo spesso dall’indifferenza al nichilismo, senza renderci conto che invece c’è spazio per la costruzione, per la ricostruzione del mondo, ma prima di tutto di noi stessi.
La mostra ha esattamente questo scopo: far prendere consapevolezza, ovviamente senza la pretesa di esaurire vicende geopolitiche così complesse, e aprire uno squarcio in noi, una riflessione. Dopo la prima sezione dedicata agli “alberi che cadono”, il secondo capitolo è invece dedicato ai numerosi, sebben silenziosi e spesso poco considerati esempi della “foresta che cresce”. Testimonianze di uomini e donne che, davanti a drammi e situazioni davvero tragiche, non si sono arresi. Come racconta Najla, ora atleta e coach Nike, che dopo essere fuggita dalla sua famiglia che voleva imporle un matrimonio forzato, ha tentato il suicidio. “Cosa ti ha permesso di ripartire?” le è stato chiesto durante l’intervista svolta dai ragazzi. “Mi sono riscoperta potentemente addosso il desiderio di essere felice. Avevo fatto lo sbaglio più grande della mia vita e ora avevo una seconda possibilità. Tutto è ripartito da questo e ho incontrato persone, le più disparate, che mi hanno aiutato”.
La mostra, come i contributi video hanno testimoniato a chi l’ha vista, è stata davvero una possibilità per gli alunni di porsi domande, a volte scomode, per cui hanno dovuto riflettere, prendersi tempo prima di poter rispondere. Hanno dovuto mettere in gioco diverse competenze e risorse, ognuno secondo le sue capacità o inclinazioni.
Un albero che cade fa davvero rumore, tutta la nostra attenzione ne è catturata, rapita, eppure tanti fatti, a volte davvero piccoli, raccontano di come la speranza non sia morta, non sia stata travolta dalle macerie, ma sia lì, come un semino che, secondo tempi non nostri, un bel giorno spunta e cresce. Bisogna però guardarsi bene attorno, prestare attenzione e lottare per difenderlo e per far sì che il nulla non vinca nel mondo, cioè in noi.